I FONDALI ROCCIOSI

Gli scogli e i fondali rocciosi superficiali della Valle

Non esiste un limite netto tra l’ambiente terrestre e quello marino. Il passaggio avviene attraverso una zona di transizione, dove la continua le oscillazione del mare di marea e le ampie variazioni dei parametri ambientali rendono la vita estremamente severa. Tutto infatti cambia stagionalmente, giornalmente e persino di ora in ora: le maree portano periodi di emersione e di immersione, la luce varia tra notte e dì, la temperatura oscilla giornalmente e cambia drasticamente tra l’inverno e l’estate, l’umidità varia col vento e la salinità con l’apporto delle piogge. Sono quindi poche le specie capaci di adattarsi a condizioni così estreme e a cambiamenti anche così repentini; eppure, basta sedersi su uno scoglio per poter assistere a questa continua lotta quotidiana per la sopravvivenza.

Ne è un esempio la patella (scheda 2.1), un mollusco capace di superare lunghi periodi di emersione trattenendo l’acqua all’interno della conchiglia perfettamente aderente agli scogli grazie al piede che funge da ventosa. Altri protagonisti della frenetica vita del piano mesolitorale sono i così detti “denti di cane” (scheda 2.2), crostacei del genere Chtamalus che nel tempo hanno evoluto tecniche per sopperire al fabbisogno dell’acqua chiudendosi dentro al loro carapace calcareo che ricorda tanto una conchiglia e dal quale fuoriescono solo le zampe per catturare il cibo.

A dar colore agli scogli ci pensano i pomodori di mare (scheda 2.3), anemoni dall’intenso colore rosso, in grado di ritirare i loro tentacoli urticanti all’interno del corpo anche per ore e di riaprirsi solo durante l’alta marea. Alla zona di marea, che nel Mediterraneo è abbastanza ridotta visto che non supera i 30/50 cm di dislivello, succede una zona compresa tra la superficie dell’acqua e la massima profondità alla quale si può trovare la flora fotofila, quella cioè in grado di fotosintetizzare. Si tratta di un ambiente estremamente condizionato dalla penetrazione della luce il cui limite varia al variare della tipologia dell’acqua; in acque torbide la luce sufficiente agli organismi fotofili penetra limitatamente ai 10/20 m di profondità mentre in acque limpide, come nel caso del SIC di San Lorenzo al Mare, questo limite può superare i 30m.

Questo habitat, detto infralitorale, è caratterizzato dalla presenza di alghe di vari colori e forme, da quelle frondose a quelle incrostanti, da quelle verdi a quelle brune. Una delle alghe più vistose, è la “coda di pavone” (scheda 2.4) detta così per la sua inconfondibile forma rotondeggiante. Si tratta di un’alga bruna, sebbene il suo colore bianco dovuto ad un fine rivestimento calcareo presente sulla parte superficiale, possa trarre in inganno. Alga verde a tutti gli effetti è invece l’alga borsa (scheda 2.5) riconoscibile dalla particolare forma rotondeggiante che caratterizza la fase giovanile, forma che si modifica diventando appiattita e incavata al centro nello stadio adulto. Il colore verde, generalmente abbastanza scuro e piuttosto intenso negli esemplari più grandi, può variare per la presenza di incrostazioni o di alghe microscopiche.

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Un ambiente così ricco di flora fotofila non poteva non essere popolato dai ricci, divoratori di alghe che grattano con la bocca munita di uno speciale apparato detto “lanterna di Aristotele”. Presente comunemente in questa fascia batimetrica, il riccio femmina (scheda 2.6) oggi è una specie protetta ma è stato a lungo predato per scopi culinari. Da sempre infatti è considerato la femmina del riccio nero Arbacia lixula, il quale avendo uova trasparenti non è stato mai sottoposto alla pressione predatoria da parte dell’uomo che invece ha sempre utilizzato le vistose uova rosa di P. lividus.

Oggi questa specie non è più catturabile e la si vede sempre più frequentemente tra gli ammassi rocciosi dove si muove alla ricerca di cibo, spesso alghe, che divora lasciando le rocce completamente nude (in inglese le zone ripulite dai ricci vengono addirittura definiti barren, ovvero zone aride). Unici predatori dei ricci, capaci di staccare gli aculei e rompere i gusci, sono il sarago e la stella marina Marthasterias glacalis, la più grande del Mediterraneo con un inconfondibile corpo irregolare, che può raggiungere gli 80 cm di diametro, e con più di cinque braccia.

Braccia diseguali o anomale si possono ritrovare anche nella classica stella rossa (scheda 2.7), presente comunemente nei litorali rocciosi. Dopo un trauma o una ferita, tutte le stelle marine sono in grado di rigenerare la parte mancante; questa capacità rigenerativa è così elevata da riuscire a generare un intero individuo da un solo braccio. Altro interessante organismo presente comunemente nella zona dell’infralitorale, simile ad un fiore marino e cugino del pomodoro di mare, è l’ Anemonia (scheda 2.8), il più grande anemone del Mediterraneo, che vive nascosto fra gli anfratti, proteggendo il suo corpo molle con oltre 100 lunghi tentacoli urticanti, che usa anche come arma di offesa.

Nonostante la sua urticanza, alcuni animali possono vivere in mezzo ai tentacoli dell’anemone sviluppando uno speciale muco protettivo. Ne sono esempi alcune specie di gamberetti (quasi tutti appartenenti alla famiglia Periclimenes) che, vivendo nell’anemone, ottengono protezione, prendono il cibo che si trova tra i tentacoli e a volte si nutrono dei tentacoli stessi senza mai soffocarlo. Altro inquilino è un piccolo pesce (Gobius bucchichii), comunemente conosciuto come ghiozzo rasposo, riconoscibile dai numerosi punti scuri allineati lungo il corpo e da una linea di punti più scuri al centro. Approposito di pesci, data la complessità dell’ambiente, non poteva mancare una discreta fauna ittica caratterizzata da bavose, pesci peperonicini o le triglie di scoglio che, provviste di quei vistosi baffi (che sono bargigli gustativi e tattili), cercano le prede nascoste sotto la sabbia come molluschi, crostacei e vermi.

Altri pesci che caratterizzano questo ambiente sono gli sciarrani (scheda 2.9) riconoscibili per le fasce verticale che tagliano il ventre e per la macchia violetta presente solo negli esemplari adulti. Oltre ad essere una zona fortemente condizionata dalla luce, la fascia dell’infralitorale è stata ed è ancora rifiugio di specie definite alloctone, ovvero non native della zona dove si insediano e dove spesso soppiantano le specie autoctone, quelle cioè endemiche del luogo, andando così ad alterare molte catene alimentari. Due esempi di questa colonizzazione sono le alghe tropicali Caulerpa taxifolia e C. racemosa (scheda 2.10): la prima, nota anche come alga assassina, è stata inserita nell’elenco delle 100 specie aliene più dannose del mondo poiché alla fine degli anni 80 aveva invaso tutte le coste del Mediterraneo portando via spazio alla Posidonia.

Se attualmente l’areale di distribuzione di C. taxifolia sembra essere in fase di regressione, la sua “parente” C. racemosa sembra essere molto più aggressiva, creando problemi soprattutto nelle zone oltre i 30m di profondità. Facilmente riconoscibile grazie ai piccoli talli eretti con appendici a forma di clava di colore verde brillante, C. racemosa infatti si propaga creando intricate reti in grado di ricoprire tutto ciò che trovano, anche spugne e coralli, soffocandoli.

Scheda 2.1 – La Patella

Scheda 2.5 –  Codium Bursa

Scheda 2.2 – I denti di Cane

Scheda 2.6 –  Il Riccio

Scheda 2.9 – Lo Sciarrano

Scheda 2.3 –  Il Pomodoro

Scheda 2.7 –  La Stella

Scheda 2.10 –  La Caulerpa

Scheda 2.4 –  La Padina

Scheda 2.8 – L’Anemone