Dedicato alla memoria di Giuseppina Guasco, appassionata cultrice di storia “prebünenca”, il museo si compone di due sezioni tematiche separate fra loro e allestite all’interno di una coppia di edifici storici siti in via Capitano Ranise.
Qui dialogano e si confrontano a distanza di due millenni le civiltà che hanno abitato le alture della Valle del San Lorenzo, lasciando una traccia indelebile nella cultura del borgo montano; quello che, forse più di ogni altro in valle, esprime ancora una forte continuità di valori con il passato.
La prima sezione, inaugurata il 21 settembre 2002, nasce dal successo di una mostra fotografica sul borgo allestita presso il Museo Navale di Imperia (1997), che è stata integrata con tutta una serie di oggetti, strumenti e utensili generosamente donati dalla popolazione e allestiti in apposite sae tematiche.
Qui sono raccolte ed esposte le memorie scritte e una vasta galleria fotografica dei volti e dei personaggi che fra Otto e Novecento hanno animato la vita e i racconti commoventi, e talvolta drammatici, di Pietrabruna. Qui si ritrovano gli oggetti d’uso del mondo domestico e quotidiano, gli strumenti “senza tempo” dei vecchi mestieri legati all’agricoltura e, al contempo, gli utensili legati alla sua fiera tradizione religiosa e confraternale, sportiva (il pallone elastico) e musicale (la Banda Musicale Santa Cecilia).
La seconda sezione del museo è stata inaugurata il 22 marzo del 2015 e raccoglie una mostra permanente dedicata ai risultati delle campagne di scavo condotte a partire dal 1985 dall’Istituto Internazionale di Studi Liguri di Bordighera sul sito d’altura del Monte Follia (m. 1031), una cima secondaria del Monte Faudo (m. 1149) che si erge alle spalle del borgo (m. 390). In questa zona, infatti, sono state individuate le strutture fortificate di un castelliere (o “castellaro”), ossia di un antico villaggio cinto da mura di contenimento anulari, che fu occupato già dall’Età del Ferro (IV-III sec. a.C.) e, con varie interruzioni, sino al tardo Medioevo.
La collezione, nella fattispecie, spazia dai reperti ceramici databili alla prima frequentazione del sito (IV-III sec. a.C.), fra i quali si segnala anche un’accetta in pietra verde levigata risalente all’età neolitica, alle testimonianze materiali relative alla romanizzazione dell’Estremo Ponente Ligure e, in particolare, all’età augustea (27 a.C.-14 d.C.). È in questo periodo che si assiste a una nuova rioccupazione del sito e all’installazione di una fucina per la lavorazione del ferro, rievocata in una sala apposita, dove sono esposti i resti di quella fornace (scorie ferrose, macine in pietra ecc.), strumenti in ferro, vasellame e ceramica di uso quotidiano e, infine, oggetti personali (fibbie in ferro e bronzo, anelli, ami da pesca ecc.).
(Stefano G. Pirero)