Eccellenze agricole e Filiera enogastronomica

L’OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA TAGGIASCA

L’olio extravergine di oliva taggiasca (acidità ≤ 0,8) è ottenuto esclusivamente tramite estrazione con metodi meccanici. Utilizzato a tutto tondo per condire insalate, insaporire alimenti, conservare verdure e cucinare, è un prodotto originario della tradizione agroalimentare del Mediterraneo ed è un caposaldo della Dieta Mediterranea, dal 2010 nella lista rappresentativa del Patrimonio Culturale immateriale dell’Umanità.

Approfondimenti sull'Olivicoltura

L’Olivicoltura

Duemila anni di storia. È questo il punto di partenza per capire cosa è l’olivicoltura in Liguria. I Liguri conoscevano l’olio, prodotto nelle colonie greche in Italia, commercializzato dagli Etruschi, pilastro della cultura mediterranea. Conoscevano anche l’olivastro, il cugino selvatico dell’olivo domestico. La colonizzazione romana ha imposto le prime forme di coltivazione dell’olivo in Liguria: ne sono prova l’azienda agricola del Varignano, non lontano da La Spezia, nella regione lunense e gli studi paleobotanici del prof. Daniele Arobba del Museo Archeologico del Finale. Il crollo dell’Impero romano non ha interrotto la pratica colturale, sopravvissuta anche per la tradizione bizantina collegata al controllo della Liguria fino all’invasione longobarda del 643 d.C. Documenti medievali, attorno all’anno 1000, parlano di rinascenza dell’olivicoltura.

Inizia un periodo di “selezione della specie”: l’olio è ancora fondamentale per l’illuminazione e con il cristianesimo ha un rinnovato valore sacrale. In Liguria la coltivazione rimane a lungo marginale o, meglio, in “aggregato” ad altre colture dominanti, come vite, frutta, seminativi. La prova di questo stato di cose è negli Statuti delle varie Comunità, ove l’olivo ricorre in modo marginale. Genova controlla progressivamente gran parte della Liguria: la città capitale necessita di vino ed olio e sostiene quelle produzioni nelle Riviere, a Ponente ed a Levante. La selezione delle cultivar avviene per mano di grandi proprietari: non solo ordini religiosi con vasti terreni da porre a coltura ed affittare, ma anche proprietari terrieri maggiori. A Taggia si è spesso parlato dei Benedettini, prima dell’anno 1000 e del pericolo dell’espansione araba, ma si hanno poche prove della loro presenza. Appaiono importanti piuttosto i Cistercensi, accertati in bassa valle Argentina nel XII secolo ed altri ordini, con sedi lontane (ad esempio in Piemonte). La crisi dovuta alla peste di metà XIV secolo ed al peggioramento delle condizioni atmosferiche determina mutamenti nelle colture. L’olivo è pianta che resiste a temperature non troppo basse. Scompare da quasi tutta la Pianura Padana, diventa sempre più mediterraneo.

Il costo dell’olio risale, è più remunerativo del frumento. Inizia una grande stagione di messa a coltura, che va dal XV al XIX secolo. Il fenomeno del terrazzamento assume dimensioni grandiose: la cultura della pietra distingue le Riviere anche a livello paesaggistico. I molini da grano diventano anche frantoi, la produzione d’olio cresce in modo esponenziale, alimentando un traffico di carattere europeo. L’olio serve per illuminare, per l’alimentazione, per la conservazione di cibi, per lubrificare, per la cosmesi e la medicina e soprattutto per lavorare la lana. L’olio ligure viene per questo esportato anche in Toscana ed in Nord Europa. I residui di lavorazione possono servire per la produzione del sapone, per il riscaldamento e per ottenere ulteriore olio di minore qualità, detto “lampante”. Si definiscono le principali cultivar: la taggiasca e la lavagnina sono cugine prime ed in generale l’olivo ligure ha un patrimonio genetico in parte comune alla frantoio toscana. Eredità di una storia bimillenaria tutta italiana. La coltivazione massiva rende ragione della presenza di frantoi ad acqua ed “a sangue” ovvero ad energia animale ed umana. Si crea una dimensione etnografica radicata nella cultura ligure.

La valle del San Lorenzo non fa eccezione in questa vicenda. È noto che l’area sia stata colonizzata a livello olivicolo ben addentro al XV secolo. Il confronto storico è stato vissuto soprattutto fra l’ambito della signoria dei Lengueglia, quando ai margini occidentali del territorio di Porto Maurizio. 
I Lengueglia hanno operato colonizzazioni ancora oggi visibili nei centri abitati di San Lorenzo, lato di Ponente e in Torre Paponi. Di fronte, le Comunità locali hanno contribuito a fare della podesteria di Porto Maurizio uno dei forzieri d’olio della Repubblica di Genova, che, già nel 1530, aveva un surplus produttivo. Come non ricordare il fatto che già nel Quattrocento la campagna delle Ciazze di Civezza forniva olio per una lampada in San Giovanni di Pré a Genova… L’economia dell’area del San Lorenzo diviene allora olivicola, con tutto quello che ne consegue a livello di gestione territoriale, di urbanistica votata all’approccio delle campagne ed alle necessità di lavorazione e di trasporto dell’olio verso i terminali marittimo: l’approdo di San Lorenzo al Mare e soprattutto gli attrezzati scali di Porto Maurizio. In tal senso l’olivicoltura nelle valli del San Lorenzo ha sì vissuto i tempi delle forniture alle grandi aziende tipiche della rivoluzione industriale ottocentesca. Però ha sviluppato anche un “sapere d’olio” che si concretizza nelle piccole e medie attività imprenditoriali locali. Si tratta di iniziative contraddistinte da un fare artigianale e da grande cura. Cura che va dai campi alla tavola. Un omaggio alla cultura alimentare mediterranea. Tale dimensione si configura anche nella scelta di produrre olio extravergine di oliva DOP Riviera Ligure, menzione Riviera dei Fiori. Una menzione che implica l’impiego totale della locale cultivar Taggiasca, tra l’altro eccellente anche come oliva da mensa. E l’olio DOP Riviera Ligure vuol dire completa tracciabilità, dall’albero alla bottiglia. Vuol dire sicuramente ligure. Una eccellenza italiana.

Alessandro Giacobbe, Barbara Nani

GLI ORTAGGI

Sono un prezioso alleato nell’alimentazione sana e saporita, da sempre presenti nella cultura culinaria e alimentare del territorio, grazie all’apporto di ottime quantità di vitamine, sali minerali, oli essenziali ed enzimi importanti per la crescita, lo sviluppo e il mantenimento dell’organismo.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità suggerisce di consumare almeno 600 grammi di frutta e verdura al giorno in 5 porzioni e 5 colori.

IL POMODORO “CUORE DI BUE”

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Viene da molti definito il “re di tutti gli ortaggi“. E’ un pomodoro di buone dimensioni che si coltiva in tutto il territorio della Valle, provvisto di profonde striature e di forma assai irregolare, con caratteristiche gustative e di sapidità davvero uniche che spaziano dal sapore aromatico al lievemente piccante. Ha una polpa carnosa e quasi priva di semi e la sua duttilità in campo culinario permette di gustarlo sia a crudo, appena colto dalla pianta e consumato sul posto (a chilometro, anzi, a metro zero), sia lavorato in cucina e servito in tavola come una qualsiasi pietanza.

Il pomodoro cuore di bue si raccoglie a mano per preservarne la consistenza delicata e, come insegna la cucina povera e salutare della secolare tradizione ligure, è l’ingrediente principe per preparare un’insalata fresca e ricca che, assieme alle olive taggiasche, ai capperi e al basilico, alle cipolle e ai peperoni, all’aglio, ai cetrioli, a un pizzico di sale e a un abbondante filo d’olio extravergine di olive taggiasche (ma la ricetta si apre a una moltitudine di varianti e ingredienti locali, come le acciughe, le uova o la ventresca di tonno, che dipendono non solo dal gusto personale di chi la prepara ma, specie in Riviera, dalla stagionalità e dalle consuetudini alimentari, oltre che dalle altitudini a cui ci si trova), prende il nome di “Condiglione” o, nel dialetto locale, “ù Cundjun“.

I CARCIOFI

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Coltivati nella Valle del San Lorenzo hanno un sapore delicato e pieno e sono caratterizzati dalla presenza di foglie esterne acquerellate di verde scuro con sfumature violacee con spine a tono del giallo. Compagno di tavola sempre presente nelle tradizioni locali, può essere consumato sia cotto sia a crudo, assaporando il suo inconfondibile gusto ferroso in un meraviglioso e coinvolgente pinzimonio.

Con pochissime calorie, i carciofi apportano all’organismo fibre, fosforo, magnesiocalcio, potassio e ferro, completando così la Dieta Mediterranea nel controllo del colesterolo, del diabete e dell’ipertensione. Un suggerimento: consumate anche il gambo, è altrettanto squisito![/learn_more]

LA ZUCCHINA TROMBETTA

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È un ortaggio tipico del Ponente Ligure dalla caratteristica forma ricurva a “manico d’ombrello”, la cui polpa compatta e croccante ha un sapore così dolce e aromatico da poterne permettere il consumo anche a crudo.

Provatele cotte al vapore oppure a crudo, condite semplicemente con sale, pepe e olio extravergine di olive taggiasche!

I FIORI DI ZUCCA RIPIENI

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Sono senza dubbio una delle più golose e sfiziose ricette del territorio, uno stuzzichino da proporre come gustoso aperitivo in compagnia oppure come antipasto. Dopo averli privati del pistillo, riempite i fiori di zucca con una crema soffice e cremosa ottenuta da un composto di erba cipollina, olio extravergine di olive taggiasche, pan grattato, sale e pepe e informate a 180 gradi per circa 15 minuti.

I fiori di zucca ripieni sono un sicuro successo a tavola!

I LIMONI

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Sono un alimento che si può utilizzare davvero a 360 gradi, dall’alimentazione agli utilizzi farmaceutici e terapeutici per la loro elevata concentrazione di vitamina C, che rende questo frutto di notevole importanza per la tutela della salute. Insomma, se volete combattere i sintomi dell’influenza, venite ad assaporarli anche d’inverno nella Valle del San Lorenzo!

L’ALBICOCCA TIGRATA

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È presente nella Valle del San Lorenzo da più di un secolo, anche grazie alla sua perfetta capacità di adattamento alle caratteristiche climatiche della zona. Piccola e gustosa, è chiamata “tigrata” per la presenza all’esterno di macchie scure rossastre non uniformi.

Non vi resta che fare un salto a Civezza a inizio estate e gustare la sua polpa inconfondibile e ricchissima di potassio, calcio e vitamina A!

IL MIELE

È un alimento sano e completo che per millenni ha rappresentato l’unico composto zuccherino concentrato facilmente reperibile in Natura. Prodotto nettarino della società gerarchicamente strutturata di api operose e, per questo, simbolo mitologico della conquista della civilizzazione da parte di Bacco, i Greci lo consideravano il “cibo degli Dei”, l’ambrosia, raccomandandolo per la sua azione protettiva e disintossicante come alimento per una lunga vita.

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Recenti ed autorevoli ricerche hanno confermato che vivere in un luogo vicino al mare doni una salute migliore: allora non vi resta che approfittarne subito, venendo a consumare il miele della Valle del San Lorenzo che si produce “in riva al mare” oppure nella quiete silenziosa dei prati circostanti i borghi dell’entroterra!

Oltre a rappresentare da sempre un’importante risorsa economica della Valle, sono oggi utilizzate come ingredienti base nella produzione di oli essenziali, infusi, tisane, per la creazione di profumi e prodotti per la bellezza e come ingredienti per la cucina. Catturare l’essenza odorosa delle piante e conservarne il profumo è un’attività perseguita dall’uomo fin dall’antichità. L’estrazione delle essenze aromatiche è un arte antichissima. I nostri antenati avevano capito i potenti effetti degli aromi e li usavano nelle cerimonie religiose, nella preparazione di profumi ed unguenti e come primi rimedi terapeutici.

Gli oli essenziali sono estratti dalle erbe e piante officinali, si trovano sotto forma di goccioline nei petali dei fiori nella buccia dei frutti, nella resina e nella corteccia degli alberi e nelle radici delle erbe e piante aromatiche. Gli oli essenziali svolgono molteplici funzioni nella pianta: attraggono gli insetti impollinatori, conferiscono un sapore sgradevole alle piante per impedire che vengano mangiate da animali erbivori, difendono la pianta dall’attacco di parassiti e da funghi e muffe, favorendo la cicatrizzazione dei tessuti lesionati. Le applicazioni degli oli essenziali sono molteplici, il primo più immediato si verifica quando annusiamo il profumo emanato da una pianta, le molecole aromatiche raggiungono la nostra mucosa olfattiva dove le cellule olfattive trasformano l’odore, stimolo chimico, in stimolo elettrico. Tale impulso raggiunge il cervello dove si lega ad una precedente impressione olfattiva richiamando emozioni e ricordi. L’inalazione perciò è l’applicazione più diretta e a tal fine gli oli sono utilizzati per riequilibrare la sfera psichica ed emozionale. Sono così utilizzati anche nei diffusori ambientali, bagni aromatici e saune.

Le molecole degli oli essenziali hanno molta affinità con i tessuti del corpo umano e quindi riescono facilmente a penetrare la cute passando attraverso i follicoli piliferi, entrano in circolo, attraverso il sangue o tramite la linfa. In questo caso le applicazioni sono per uso topico medianti massaggi con oli, creme o unguenti semplicemente bagni, docce o pediluvi. Gli oli essenziali possono altresì essere assunte per via interna diluendole alcune gocce per esempio nel miele. Nonostante ogni olio sia dotato di una propria attività specifica (balsamico, digestivo, cicatrizzante, rilassante, depurativo) tutti, seppur in diversa misura, hanno proprietà antisettiche e antibiotiche e sono in grado di sostenere le nostre difese immunitarie. Nel caso di assunzione orale è sempre meglio chiedere un parere di un medico o esperto.

Barbara Nani