DA VISITARE A CIPRESSA

Monumenti e luoghi d’interesse storico, artistico e culturale

 

Chiesa parrocchiale della Visitazione di Maria Vergine: sistemata al limite estremo della grande piazza, là dove ha inizio il rione Poggio, l’edificio conserva ancora forma e volume dell’originario progetto di Bartolomeo Melissano da Candeasco: una pianta rettangolare allungata ed espansa, voltata a botte e coronata da un coro profondo e rialzato, che ha perso le colonne di sostegno e la suddivisione in tre navate mantenendo inalterata, tuttavia, la serie numerosa di cappelle laterali e il loro prezioso ornamento a stucco e ad affresco.

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Le date di costruzione della chiesa della Visitazione di Maria Santissima sono note (1644-1654 circa) e anche le cause, legate strettamente al tormentato rapporto di cattivo vicinato fra le popolazioni di Cipressa e Costarainera e al definitivo abbandono dell’antica parrocchiale di Sant’Antonio Abate, la casa dei padri. Malgrado la demolizione dei pilastri di sostegno, l’edificio rappresenta uno dei monumenti seicenteschi più interessanti e meglio conservati dell’intera vallata e, al suo interno, custodisce diversi gruppi lignei processionali e tele sei e settecentesche, inserti di art déco e una galleria di altari in marmo policromo e commesso di indubbio valore (sempre aperta, per info contattare il Comune di Cipressa).

Oratorio dell’Annunciazione: sorto dirimpetto alla chiesa della Visitazione, l’oratorio forma un caratteristico dualismo architettonico barocco, dove i volumi della parrocchiale e della sede confraternale colloquiano direttamente e talvolta, come in questo caso, si sfidano apertamente.

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L’edificio esibisce una pregevole livrea settecentesca e proporzioni ragguardevoli, maggiori di quelle adottate nella costruzione della chiesa limitrofa, che non regge il confronto e ne esce soggiogata. A una navata rettangolare allungata e profondissima, nel quale s’inscrive un’aula lievemente ellittica, corrispondono pareti ritmate da lesene e complesse quanto dinamiche concrezioni in stucco.

Difficile dire se dietro al desiderio dei confratelli dell’Annunziata di dotarsi di una nuova casa (o “casaccia”) covasse anche il risentimento delle “societates” laiche per il controllo della gerarchia ecclesiastica locale. La cosa pare assai probabile e, del resto, questo non è l’unico caso documentato; di certo l’epoca di costruzione del maestoso oratorio cade a ridosso della seconda metà del Settecento (1755-1767 circa) e la paternità del suo disegno progettuale può ascriversi ad Antonio Filippo Marvaldi.

Specchio fedele di una confraternita di Disciplinanti, all’interno l’oratorio conserva gli stalli lignei settecenteschi destinati al priore e agli altri membri della confraria, il Crocifisso processionale e ad altri interessanti manufatti legati alla vita religiosa coeva (visitabile su appuntamento, per info contattare il Comune di Cipressa).

Ex chiesa-oratorio di Santa Maria “de Platea” (“della Piazza”): inserito all’interno del sedime urbano di via XX Settembre, l’arteria che conduceva verso la Piazza del Castello, nella “pigna” medievale di Cipressa, si trova un antico oratorio privato che, oggi abbandonato all’incuria e in condizioni di grave degrado, si riconosce ancora per via dell’architrave e dell’oculo centrale che ne sormontano l’ingresso principale.

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La dedicazione mariana tramandata dai documenti di fine Cinquecento (1585-1586), l’invocazione (“Santa Maria ora pro nobis”) e la data incise sull’opera (1585) non lasciano dubbi circa l’epoca di ricostruzione dell’oratorio e la sua appartenenza a una “societas” o confraternita laica di Disciplinanti; la stessa confraternita dell’Annunciazione che, di lì a due secoli circa, ordinerà la costruzione di un nuovo, imponente edificio religioso.

Formalmente dipendente dall’antica parrocchiale di Sant’Antonio Abate, la chiesetta di Santa Maria “de Platea” (“della Piazza del Castello”) rappresenta il più antico edificio di culto del borgo e, malgrado le manomissioni e i rimaneggiamenti, rivela ancora una planimetria a triplice navata, divisa da solidi pilastri e scandito da archi diaframma e volte a crociera, che è il frutto di una successione di fasi edilizie ancora tutte da investigare. È probabile che sia stata questa la sede della chiesa che, in tempi di aperte ostilità parrocchiali e campanilismi reciproci, svolse le mansioni di prima parrocchiale del borgo nel delicato momento di transizione della comunità di fedeli verso una nuova casa spirituale, la chiesa della Visitazione di Maria Vergine (1644-1654 circa), prima di entrare in una lenta fase di decadenza materiale, definitivamente sancita dalla costruzione del monumentale oratorio della Santissima Annunciazione (1755-1767 circa).

Oratorio di San Cosma (o dei Santi Cosma e Damiano): l’edificio si trova ai margini dello spiazzo che, nel Medioevo, rappresentava il principale affaccio pubblico e luogo di rappresentanza del “castrum”, ovvero la Piazza del Castello, e che, in epoca barocca, ospitava le case canoniche in una sequenza compatta di quinte architettoniche dietro cui comunicavano l’autorità civile e quella ecclesiastica.

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L’oratorio appare immediatamente riconoscibile per le caratteristiche finestre polilobe di foggia barocca e settecentesca e s’inserisce in una zona ad alta densità urbana, il centro focale della Piazza, sfruttando lo spazio reso disponibile dai volumi degli edifici adiacenti: suddiviso in due piani, dotato di un vano sopraelevato sfruttato anche come “colombera” (ovvero il luogo delle abitazioni dove si allevavano i colombi), di una terrazza con passaggio aereo e di un ingresso posto al pianterreno, sotto l’archivolto di vico Castello. Difficile stabilire se l’edificio sostituisca un altro di epoca medievale; di certo, l’intitolazione a san Cosma (san Cosimo), attestata in loco anche a Torre Paponi e associata solitamente a quella di un altro santo taumaturgo, san Damiano, potrebbe confermare tale ipotesi (visitabile su appuntamento, per info contattare il Comune di Cipressa).

Fortezza “del Gallinaro”:: isolata sulla collina che ripara l’abitato di Cipressa, in posizione dominante la linea dell’orizzonte, la fortezza “del Gallinaro” (o “Gallinara”) è una testimonianza emblematica dell’ingegneria militare cinquecentesca e, di rimando, delle vicende luttuose legate alle incursioni turco-barbaresche che flagellarono i borghi della zona.

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Eretta probabilmente fra gli anni Quaranta e Sessanta del XVI secolo (1543-1566) nel quadro di un esteso sistema di bastioni e torrette di segnalazione sparse fra la costa e l’entroterra, l’edificio presenta un volume rettangolare forato da una teoria apicale di piccole aperture, destinate alle armi da fuoco, e sormontato da una cortina ininterrotta di mensole e beccatelli perimetrali, che sostenevano paratie, garitte e caditoie dalle quali difendere e rispondere agli attacchi nemici.

Si tratta di una serie di accorgimenti tecnici che, lungi dal trovare applicazione nella sola architettura militare, ricorrono ancora in una gran quantità di edifici civili, come le case-torri che punteggiano i principali accessi o snodi urbani dei borghi più colpiti, come quella che presidia l’imbocco del rione Collautra (o Martini). Immersa nella quiete della collina “Gallinara”, fra chiazze di macchia mediterranea e giardini attrezzati, la fortezza del Gallinaro è stata recentemente recuperata e rimessa in valore e, oggi, rientra a far parte di un grande parco archeologico al quale si aggiunge anche un piccolo anfiteatro all’aperto, sede di manifestazioni ed eventi ludico-sportivi (visitabile su appuntamento, per info contattare il Comune di Cipressa).

Parco d’arte contemporanea e Museo delle culture migranti “Villa Biener”: a ridosso del poggio che precipita verso la marina degli Aregai, pochi chilometri al di sotto del borgo di Cipressa, si trova un’autentica “villa di delizie”.

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Un parco d’arte contemporanea che l’estro e la creatività di una collezionista e intellettuale di origine ungherese, Judith Török, coadiuvata dal compagno e artista Carlo Maglitto, hanno saputo plasmare, ampliare e dotare di installazioni “en plen air”, opere create da giovani artisti emergenti e, soprattutto, sgargianti mosaici policromi e polimaterici.

Visitare “Villa Biener” significa passeggiare fra varietà botaniche provenienti da tutto il Mediterraneo che crescono rigogliose tra le “fasce” di ulivi e gli alberi da frutta e, qui, perdersi in un dedalo di sentieri che gravitano a livelli sfalsati intorno all’edificio e che offrono, a ogni sosta, la possibilità di godere dei mille colori e delle fantasie “secessioniste” inventate da Judith Török (orari visite 15.00 – 19.00, da maggio a settembre o su appuntamento, per info rivolgersi al 0183 98339).

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