Prodotti tipici

La Stroscia di Pietrabruna: la focaccia dolce e croccante dall’intenso profumo di limone e delle erbe aromatiche presenti nel vermut.

LA STROSCIA

È un dolce tipico della Valle del San Lorenzo e, in particolare, del borgo montano di Pietrabruna; parliamo di una ricetta antica, nella quale le nonne aggiungevano all’impasto il “levàu”, o lievito madre, una farina impastata con acqua e lasciata a riposare per 5 giorni sotto alcune tele o coperte nel posto più riparato del focolare domestico, contribuendo così alla sua lievitazione in modo totalmente naturale.

Farina 00, olio extravergine di olive taggiasche, zucchero, vermut o marsala, lievito e scorza di limone rendono questo dolce talmente friabile e croccante da non poterlo tagliare a fette e da doverlo spezzare letteralmente con le mani: è da questo gesto antico e sempre attuale, il “strosciare”, nel dialetto locale “spezzare, rompere, frantumare”, che deriva il nome della nostra focaccia dolce. Signore e Signori, ecco a voi la Stroscia di Pietrabruna!

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La Stroscia (“à Stròscia”)

Ogni regione o, talvolta, qualche borgo d’Italia possiede un piatto “tipico”, una gastronomia caratteristica che rappresenta e descrive appieno l’anima e l’identità storica dei luoghi e di coloro che vi hanno abitato per tanti secoli. Fra questi prodotti d’eccellenza spetta un posto d’onore anche alla “stroscia”, il dolce tipico della fiera tradizione contadina di Pietrabruna. Le origini di questo dolce si perdono nel tempo e nella memoria di tante generazioni di ragazze, donne e massaie che, fra XIX e XX secolo, hanno amorevolmente preparato il dolce della festa patronale di San Matteo, il 21 settembre. Una cosa è certa, chi ha avuto l’occasione di assaggiare la stroscia, ha conosciuto l’anima di Pietrabruna. Il nome caratteristico di questo dolce, infatti, deriva direttamente dal verbo “strosciare”, che nel dialetto prebünenco significa “rompere, spezzare, frantumare”, ovvero le azioni principali che si compiono di regola per ricavare piccole porzioni croccanti di questa torta zuccherina.

Dolce dagli ingredienti semplici, la stroscia è composta principalmente di zucchero, farina, vermouth o marsala (a piacere), lievito e olio extra vergine di oliva taggiasca. In media un litro ogni 2 kg. di farina! È proprio questo il suo segreto principale: la grande qualità dell’olio ricavato dalle olive sbattute e frante nell’arco di una giornata; non certo l’aria o l’acqua impiegata per l’impasto, come si soleva far credere ai “fùresti” (i forestieri) o a chi, provando, falliva nell’impresa. Ciò che si aggiungeva, naturalmente, alla bravura e all’esperienza delle donne che, di madre in figlia, si sono tramandate la perizia d’impastare gli ingredienti e di creare una torta che, pur conservando l’aspetto tondo e schiacciata, non è mai uguale per forma e fragranza. A quel tempo, tuttavia, si sfornavano strisce del tutto naturali e prive di lieviti artificiali, sostituiti dal “levàu”, ovvero il lievito madre (farina impastata con acqua lasciata riposare per cinque giorni sotto varie coperte e nel luogo più riparato della casa).

Un procedimento forse troppo lungo oggi, ma certamente più tradizionale, che prevede l’aggiunta di un altro ingrediente recente, il liquore, che sostituì progressivamente il vino bianco; l’uso del vermouth o del marsala nell’impasto, infatti, si è fatto largo nel corso degli ultimi cinquanta-sessant’anni al fine di attenuare e sgrassare la prevalenza del gusto d’olio, rendendo la stroscia gradevole anche ai palati di coloro che non sono abituati a gustare la purezza di un extra vergine. Come da tradizione, ogni anno nella ricorrenza dei santi patroni, San Gregorio Magno (12 marzo) e San Matteo (21 settembre), nei forni del borgo era tutto un susseguirsi di teglie colme di torte croccanti da servire in famiglia e condividere con parenti, amici, forestieri e con i compaesani “fuor di patria” che, in quei giorni solenni, ritornavano al paesello. A quel tempo e almeno sino agli anni Venti del Novecento, tuttavia, le torte non avevano ancora acquistato l’inconfondibile marchio di riconoscimento e le donne usavano chiamarle “fugasse (en) pasta d’oeiu” (focacce d’olio).

Ad ogni modo, passato il santo e il dì di festa, specie durante gli anni dei conflitti mondiali, gli anni della grande povertà, il dolce veniva messo da parte, nascosto dalle mani dei pargoli e dei golosi per essere conservato sino al giorno della nuova festività; l’olio era una ricchezza e una fonte preziosa di guadagno, dunque era consigliabile evitare ogni spreco. A oltre mezzo secolo di distanza, nel giorno delle principali solennità religiose e delle maggiori occasioni festive, la tradizione prosegue tuttora e si rinnova nella produzione certificata del forno pubblico come in quella casereccia del focolare domestico, là dove risuonano le teglie e si sperimentano nuove gustose ricette.

(Giuseppina Guasco†, Stefano G. Pirero)

PIZZA ALL’ANDREA

Questa particolare pizza o, meglio, focaccia salata è originaria dell’Estremo Ponente Ligure e, secondo la tradizione, deriva il proprio nome dal celebre ammiraglio della Repubblica di Genova Andrea Doria – nato nel 1466 a Oneglia, a poca distanza dalla Valle del San Lorenzo – il quale, grazie al ruolo decisivo svolto alla corte degli imperatori spagnoli Carlo V e Filippo II, avrebbe avuto il merito d’importare, rendere noto e acclimatare ovunque in Liguria, prima che altrove, un nuovo gustoso ingrediente proveniente dalle lontane Americhe, il pomodoro.

La pizza all’Andrea – chiamata in alcune zone dell’Estremo Ponente Ligure anche “sardenaira” a causa dell’antica consuetudine di aggiungere acciughe o sardine a fine preparazione – è un tripudio di gusto e ingredienti mediterranei: farina 00, lievito, olio, sale, acqua, cipolle, pomodori maturi, basilico, acciughe sotto sale, olive taggiasche, aglio, capperi, origano ed il gioco è fatto! Completa, genuina e sfiziosa, la pizza all’Andrea è un prodotto da forno che si può gustare a tutto pasto ed è l’ideale ligurian street food da consumare in ogni gita o passeggiata fuori porta. Buon appetito!

TORTA VERDE DI TROMBETTE

La torta verde è una preparazione salata di verdure stagionali che annovera come ingrediente d’eccezione la zucchina trombetta, un ortaggio tipico dell’Estremo Ponente Ligure dalla caratteristica forma ricurva a “manico d’ombrello”, la cui polpa ha un sapore così dolce e aromatico da renderne gradevole il consumo anche a crudo.

Farina 00, olio, acqua, sale, riso, parmigiano, maggiorana, porro o cipolla, uova e zucchine trombette; ingredienti semplici che, sapientemente miscelati e messi in forno a 200 gradi per 30 – 40 minuti, restituiscono il vero sapore della tradizione ligure e del ligurian street food. Il risultato ditelo voi!